Musica sacra
Prima di parlare di Musica sacra, occorre chiarire due termini fondamentali: quello di “sacro” e quello di “religione”.
Sacro deriva dal latino sacer (che si pronuncia saker), e designa la vittima sacrificale che veniva immolata agli dei e anche l’atto di immolare: cioè il sacrificio (sacra facere). La stessa parola è nota anche nella lingua osca: sakre, con lo stesso significato, e perfino nell’antico ittito: saklai- per rito, cerimonia.
Religione deriva dal verbo latino religare (cioè legare strettamente), e quindi religione è un vincolo stabilito con la divinità. Ovviamente questo vincolo si esprime attraverso un atteggiamento di timore degli dei, la loro adorazione ed il culto. Il culto può essere personale o privato, ma anche pubblico, poiché l’uomo è un essere sociale. Questo culto pubblico è l’anello ufficiale che collega l’uomo come comunità con Dio, e che si definisce liturgia: parola greca che significa un’opera intrapresa nell’interesse di tutti i cittadini. Liturgia passò poi ad indicare l’insieme dei servizi che costituiscono il culto di Dio, cioè il rito ovvero un complesso di cerimonie regolate da una pratica prestabilita ma che si è evoluta nel tempo. Nella nostra Chiesa cattolica i riti principali sono la Messa, i Sacramenti e l’Ufficio. La Messa è il rito in cui Cristo offre se stesso come vittima sacrificale attraverso il sacerdote con la compartecipazione della stessa comunità dei fedeli, per la salvezza dell’uomo.
Ora, tra le arti che sono state poste al servizio del culto, la musica è sempre stata un elemento pressoché inseparabile della liturgia, presso tutti i popoli, (in particolare il canto, cioè la parola in veste musicale), come l’espressione più alta del sentimento religioso.
Nella Chiesa cattolica il canto gregoriano è l’arte musicale più elevata della tradizione, ma anche la polifonia classica dal secolo XIV al XVI ha avuto un ruolo preponderante. Anche gli strumenti musicali, però, sono sempre stati in onore nel culto, da soli o per accompagnare il canto, sia presso i popoli antichi che presso gli ebrei. Basti ricordare quanto si dice nel I Libro delle Cronache 15, 16-18: “Intanto Davide aveva ordinato ai capi dei leviti che disponessero i loro fratelli cantori, con tutti gli strumenti musicali di accompagnamento, arpe, cetre e cembali, affinchè risuonassero ben alte armonie che riempissero di letizia.” La musica strumentale d’insieme e l’organo in particolare hanno avuto largo impiego nella liturgia dal Seicento fino alla riforma della musica sacra all’inizio del Novecento.
Ma, accanto alla musica, per così dire ufficiale, che accompagna le cerimonie liturgiche, il popolo, un po’ per reazione ad una liturgia con testi esclusivamente latini, un po’ per il sorgere di nuove esigenze, ha sviluppato delle forme proprie di espressione religiosa. Tra queste ricordiamo, in ambito italiano, le Laudi delle Confraternite del Due-Trecento, la canzone spirituale cinquecentesca detta filippina, le canzonette settecentesche ispirate ai melodrammi e al folklore regionale, le lodi sacre devozionali dell’Ottocento (Natale, Eucaristia, Maria Vergine), i canti di stile “ritmico-leggero” nati negli anni 60-70 del secolo scorso sulla scia della cultura musicale di massa, cui si deve anche aggiungere l’assunzione di melodie del repertorio classico divenute molto popolari.
L’Ave Maria di Schubert
Panis Angelicus